venerdì 8 marzo 2019


Le bimbe appena nate hanno il cielo negli occhi

sgombro di nubi e di ricordi, attesa azzurra

di primavera


La vita poi cambia lo sguardo


Ci sono donne

che hanno negli occhi percorsi aspri

come sentieri di montagna

donne

che se le guardi è come una canzone

donne

con occhi timidi da pettirosso ferito

donne

con gli occhi penetranti di chi ha esplorato il mondo


La vita, poi, cambia lo sguardo


Insieme

lo sguardo delle donne

può cambiare il mondo.
8marzo2019

martedì 7 marzo 2017


Le bambine hanno i sogni negli occhi


e sorridono al mondo

Le ragazze hanno il coraggio della rondine


 e attraversano forti l’oceano dei giorni


Le donne conoscono l’attesa e il germoglio del seme


partoriscono figli, lavori e progetti, non importa se vivere costa fatica


Non possiamo pretendere amore: pretendiamo rispetto


Bisogna che il mondo


riconosca che siamo diverse, perché questa è la nostra ricchezza

La vita si impara vivendo; l’amore se ascolti


La differenza delle voci e dei canti crea l’armonia del mondo

martedì 8 marzo 2016

Auguri a tutte le sorelle della Terra

 "Il mio corpo non è responsabile della tua violenza": così recita uno slogan delle donne francesi.


L'amore di una donna vola libero
con ali delicate di farfalla
Se credi di poterlo possedere con la forza
ne fermi il volo e ne spegni l'incanto


domenica 8 marzo 2015

8 marzo

Scrissi queste righe l'otto  marzo di qualche anno fa. Dedicato a tutte le sorelle del mondo...

Foto di Marcela Escandell - Licenza CC-BY-SA



Sorella
ricorda
da sempre
camminiamo sulle orme delle nostre madri

Ogni percorso
conosce l'allegria dei loro giochi bambini
il sorriso dei giorni innamorati
la fatica e il dolore del cammino

La vita ci insegna l'addio
I ricordi ne scandiscono il tempo
Domani altre donne, sorella,
riprenderanno, più sicure, il nostro passo

mercoledì 6 agosto 2008

maculopatia





Solo poche parole. Non scrivo più da molto, sul blog; non so se lo farò ancora.
A fine aprile sono stata colpita da maculopatia miopica. Ho avuto un'emorragia all'occhio sinistro.

La diagnosi mi ha gettato nel panico.
La notte mi svegliavo, nel sonno, in preda all'angoscia.
Mi pareva la cecità fosse imminente, mi sembrava di impazzire: non vedere più le persone che amo, diventare dipendente, mentre il mondo si spegne, non poter più leggere, scrivere, lavorare.

Precluso tutto.

Poi, a poco a poco, ho ricominciato a respirare normalmente.

Non posso gettare via la malattia, mi sono detta, ma posso gettare via la paura.

Beethoven era sordo, eppure ha scritto musica splendida.
Si può sentire in altri modi. Si può vedere in altre maniere.

Certo sarei felice di continuare così, anche se il mondo, per uno dei miei due occhi, ora è un po'... fuori dalle righe.

Felice estate a chi eventualmente dovesse passare di qui, in particolare all'amico Mirko che spesso commentava i miei post in modo intelligente e gentile.

Ci sono persone che soffrono ben più di me: arrivi loro un abbraccio, come vento leggero... buona estate, con tutto il cuore.

mercoledì 5 marzo 2008

Il primo bacio



Ieri parlavo con una ragazza di quattordici anni.
Qualcosa, forse il suo modo particolare di sorridere inclinando appena la testa, o il movimento morbido dei capelli lunghi alle spalle, mi ha ricordato una mia amica di parecchi anni fa: la sorellina minore del mio primo ragazzo.
La mente, così, è tornata a quei giorni.

Faceva ancora caldo, l'estate aveva l'odore un po' sfatto degli ultimi fiori d'agosto e l'aria, al pomeriggio, sapeva di fieno.
Nei campi le cicale cantavano la loro melodia, quasi ipnotica nel suo incessante ripetersi. Le stradine che portavano al lago erano ricoperte di una polvere leggera che non vedeva la pioggia da troppo tempo e si sollevava, dorata, ad ogni passo. Sui filari l'uva si gonfiava, piano.
Ero seduta in un prato con lui (io e sua sorella ci eravamo scambiate uno sguardo d'intesa, quel giorno: sarebbe stata il mio alibi, se i miei avessero chiesto cosa avessi fatto in quelle ore. Eravamo coetanee e, agli occhi dei nostri genitori, ancora piccole).
Lui aveva diciannove anni, e gli occhi neri. Quando mi baciò non ebbe la tenerezza esitante di certi adolescenti. Mi lasciò sorpresa, stordita. Mi sentivo contenta, travolta da emozioni che non conoscevo, ma avevo anche molta paura di sembrargli sciocca, inesperta, bambina. Nel timore di dire qualcosa di sbagliato, non dissi nulla.
Per un tempo infinito, ci parlammo coi baci.
La sua bocca sapeva di more e a quel profumo ho collegato quei pomeriggi; a settembre, acquazzoni violenti, forti e improvvisi come i miei nuovi desideri, spesso mi impedirono di uscire e di rivederlo.
Restavo dietro i vetri della finestra, nella mia stanza in penombra, e guardavo scrosciare l'acqua, fuori. Grosse gocce cadevano fitte da un cielo grigio cupo, rotto da squarci di luce.

L'aria, la sera, aveva un altro respiro. Mi godevo quel fresco pizzicore sulle braccia e sulle gambe abbronzate, seduta sul terrazzo, mentre sbocciavano le belle di notte in fuochi intensi viola e fucsia e i piccoli fiori bianchi del gelsomino, appena ingialliti sui bordi, emanavano il loro profumo.
Era tutto diverso, intorno a me; io non ero più la stessa. Avevo scoperto una mia parte segreta, fatta di emozioni sino a quel momento inespresse. Il mio corpo cambiava e io con lui e finalmente, come già nell'infanzia, non avvertivo distacco tra quell'involucro ora in mutamento, e la mia mente, e i miei sogni.

Tutto pareva naturale, sul finire di quella bella estate.
Il futuro non mi faceva nessuna paura.