
Ieri parlavo con una ragazza di quattordici anni.
Qualcosa, forse il suo modo particolare di sorridere inclinando appena la testa, o il movimento morbido dei capelli lunghi alle spalle, mi ha ricordato una mia amica di parecchi anni fa: la sorellina minore del mio primo ragazzo.
La mente, così, è tornata a quei giorni.
Faceva ancora caldo, l'estate aveva l'odore un po' sfatto degli ultimi fiori d'agosto e l'aria, al pomeriggio, sapeva di fieno.
Nei campi le cicale cantavano la loro melodia, quasi ipnotica nel suo incessante ripetersi. Le stradine che portavano al lago erano ricoperte di una polvere leggera che non vedeva la pioggia da troppo tempo e si sollevava, dorata, ad ogni passo. Sui filari l'uva si gonfiava, piano.
Ero seduta in un prato con lui (io e sua sorella ci eravamo scambiate uno sguardo d'intesa, quel giorno: sarebbe stata il mio alibi, se i miei avessero chiesto cosa avessi fatto in quelle ore. Eravamo coetanee e, agli occhi dei nostri genitori, ancora piccole).
Lui aveva diciannove anni, e gli occhi neri. Quando mi baciò non ebbe la tenerezza esitante di certi adolescenti. Mi lasciò sorpresa, stordita. Mi sentivo contenta, travolta da emozioni che non conoscevo, ma avevo anche molta paura di sembrargli sciocca, inesperta, bambina. Nel timore di dire qualcosa di sbagliato, non dissi nulla.
Per un tempo infinito, ci parlammo coi baci.
La sua bocca sapeva di more e a quel profumo ho collegato quei pomeriggi; a settembre, acquazzoni violenti, forti e improvvisi come i miei nuovi desideri, spesso mi impedirono di uscire e di rivederlo.
Restavo dietro i vetri della finestra, nella mia stanza in penombra, e guardavo scrosciare l'acqua, fuori. Grosse gocce cadevano fitte da un cielo grigio cupo, rotto da squarci di luce.
L'aria, la sera, aveva un altro respiro. Mi godevo quel fresco pizzicore sulle braccia e sulle gambe abbronzate, seduta sul terrazzo, mentre sbocciavano le belle di notte in fuochi intensi viola e fucsia e i piccoli fiori bianchi del gelsomino, appena ingialliti sui bordi, emanavano il loro profumo.
Era tutto diverso, intorno a me; io non ero più la stessa. Avevo scoperto una mia parte segreta, fatta di emozioni sino a quel momento inespresse. Il mio corpo cambiava e io con lui e finalmente, come già nell'infanzia, non avvertivo distacco tra quell'involucro ora in mutamento, e la mia mente, e i miei sogni.
Tutto pareva naturale, sul finire di quella bella estate.
Il futuro non mi faceva nessuna paura.