mercoledì 5 marzo 2008

Il primo bacio



Ieri parlavo con una ragazza di quattordici anni.
Qualcosa, forse il suo modo particolare di sorridere inclinando appena la testa, o il movimento morbido dei capelli lunghi alle spalle, mi ha ricordato una mia amica di parecchi anni fa: la sorellina minore del mio primo ragazzo.
La mente, così, è tornata a quei giorni.

Faceva ancora caldo, l'estate aveva l'odore un po' sfatto degli ultimi fiori d'agosto e l'aria, al pomeriggio, sapeva di fieno.
Nei campi le cicale cantavano la loro melodia, quasi ipnotica nel suo incessante ripetersi. Le stradine che portavano al lago erano ricoperte di una polvere leggera che non vedeva la pioggia da troppo tempo e si sollevava, dorata, ad ogni passo. Sui filari l'uva si gonfiava, piano.
Ero seduta in un prato con lui (io e sua sorella ci eravamo scambiate uno sguardo d'intesa, quel giorno: sarebbe stata il mio alibi, se i miei avessero chiesto cosa avessi fatto in quelle ore. Eravamo coetanee e, agli occhi dei nostri genitori, ancora piccole).
Lui aveva diciannove anni, e gli occhi neri. Quando mi baciò non ebbe la tenerezza esitante di certi adolescenti. Mi lasciò sorpresa, stordita. Mi sentivo contenta, travolta da emozioni che non conoscevo, ma avevo anche molta paura di sembrargli sciocca, inesperta, bambina. Nel timore di dire qualcosa di sbagliato, non dissi nulla.
Per un tempo infinito, ci parlammo coi baci.
La sua bocca sapeva di more e a quel profumo ho collegato quei pomeriggi; a settembre, acquazzoni violenti, forti e improvvisi come i miei nuovi desideri, spesso mi impedirono di uscire e di rivederlo.
Restavo dietro i vetri della finestra, nella mia stanza in penombra, e guardavo scrosciare l'acqua, fuori. Grosse gocce cadevano fitte da un cielo grigio cupo, rotto da squarci di luce.

L'aria, la sera, aveva un altro respiro. Mi godevo quel fresco pizzicore sulle braccia e sulle gambe abbronzate, seduta sul terrazzo, mentre sbocciavano le belle di notte in fuochi intensi viola e fucsia e i piccoli fiori bianchi del gelsomino, appena ingialliti sui bordi, emanavano il loro profumo.
Era tutto diverso, intorno a me; io non ero più la stessa. Avevo scoperto una mia parte segreta, fatta di emozioni sino a quel momento inespresse. Il mio corpo cambiava e io con lui e finalmente, come già nell'infanzia, non avvertivo distacco tra quell'involucro ora in mutamento, e la mia mente, e i miei sogni.

Tutto pareva naturale, sul finire di quella bella estate.
Il futuro non mi faceva nessuna paura.

3 commenti:

Mirco ha detto...

Ho letto questo post varie volte: è veramente delizioso,denso di tenerezza, poesia allo stato puro. Come si suol dire: chapeau....
Non solo, mi ha messo in moto un meccanismo di rivitazione di mie personali analoghe esperienze, in parte dimenticate, che oggi a distanza di tempo, con il senno del poi riesco ad inquadrare meglio.
Grazie

dibì ha detto...

grazie a te, mirco :)

Mirco ha detto...

X un 8 marzo non rituale....


MANIFESTAZIONE NAZIONALE di CGIL CISL UIL

ADESIONE DI BARBARA POLLASTRINI





E’ un otto marzo in cui esserci. Con orgoglio e fiducia.

Per scandire parole di autonomia e libertà nelle piazze, nelle città, nelle istituzioni.

Per raccontare la lunga storia della responsabilità femminile proprio quando il fanatismo nel mondo e i conservatorismi in Italia cercano di colpire la dignità delle donne e tramite noi la dignità di tutti.

Anche per questo aderisco alla Manifestazione nazionale indetta a Roma da Cgil, Cisl, Uil nel centenario dell’8 marzo.

Con fiducia perché viviamo un presente ricco di forze, intelligenze e leadership femminili.

Lo vediamo qui, dove i talenti delle donne e delle giovani sono la risorsa più fresca, più incontenibile che preme nei lavori, nella creatività, per l’innovazione di un Paese e di élites impigrite, chiuse e spesso maschiliste. Sono ragazze che chiedono diritti ma, insieme, vogliono riconosciuti meriti e onestà.

Ma lo vediamo anche nel mondo dove milioni di donne premono per la sopravvivenza e il benessere. Guai a scordarlo: il capitolo decisivo dei diritti umani riguarda oggi innanzitutto le donne, le più offese da fondamentalismi e terrorismo che investono persino la possibilità di nascere o di scegliere chi e come amare. E’ in atto una violenza sistematica e diffusa che viola il loro corpo, la loro autonomia in nome del dominio e del potere.

A ricordarcelo, giorno dopo giorno, sono donne simbolo come Ingrid Betancourt, prostrata dopo sei anni di prigionia, o come Aung San Suu Kyi in Birmania. O ancora, come le migliaia di donne che in angoli diverse del mondo non si rassegnano a una condizione di sottomissione e paura.


Sono donne diverse accomunate da un’idea di Rispetto del valore della persona.

Ma è bello essere in tante in questo 8 marzo anche per restituire un’etica alle parole.

Perché è inaccettabile paragonare un patibolo a una sala operatoria. In questo, l’amore per la vita ci appartiene.

Amore per come si nasce, per come si curano i piccoli o per come si muore. Amore per le altre. Per le migranti da non lasciare sole nella battaglia per i loro diritti. Amore per la salute, e quindi sostegno alla medicina e alla scienza alla prevenzione

Amore per la vita è unire, avere uno sguardo laico e dialogante. Amore per la vita è memoria e, per quanto ci riguarda, orgoglio di una storia. E noi abbiamo memoria di che cos’era per le donne l’interruzione della gravidanza prima della 194. Una legge saggia, da difendere e applicare pienamente.

Ma amore per la vita significa oggi testamento biologico, correzioni della legge 40, azioni contro la violenza, la tratta, le norme contro stalking e omofobia, oggi interrotte in parlamento, scuola e spazi pubblici, legge per le coppie di fatto. Amore per la vita è allargare le possibilità di lavoro, soprattutto al Sud, ma ovunque nei diritti e nel riconoscimento dei meriti nelle carriere, della parità salariale, della tutela della maternità e della sicurezza.


Amore per la vita è guardare in avanti con coraggio e generosità. Anche per sabato prossimo ci saremo in tante, differenti, unite.