lunedì 28 gennaio 2008

Ikea: di Rokka o di Rigga...


La gente è proprio strana.
E lavorare a contatto col pubblico, l'ho sempre pensato, richiede una pazienza eccezionale, alle volte.
Ieri ho fatto un giretto all'Ikea.
E' un mondo da non frequentare se da piccolo non amavi il Lego, per non impazzire al montaggio di mobili e scaffali, d'accordo.
E' una catena che vende divani Grankulla e tavoli dal nome ancora più improbabile, d'accordo.
Ma ha prezzi buoni e, scegliendo con attenzione, si trovano oggetti niente male. Passare qualche ora là dentro è stato interessante, non solo per i mobili visti: ho vissuto esperienze che mi hanno lasciata stupita, arrabbiata, divertita, sconvolta.
Inizio col primo episodio.
Dopo un giro esplorativo, mi sono fermata davanti a un "punto informazioni". Mi precedevano due persone; di fianco a me c'era un'altra coda di visitatori in attesa di parlare con un altro addetto.
Due code, tre persone per coda, due addetti. Tutto a posto? Niente affatto, perché quando arriva il mio turno il signore che era ultimo, come me, nella coda di fianco alla mia, mi si para davanti paonazzo e bofonchia:"Eh, no! Eh, troppo comodo!". Lo guardo perplessa e gli chiedo cosa ci sia che non va, e lui: "E' mezz'ora che aspetto! Guardi... lasci perdere che è meglio!".
Lo osservo: Ha le vene del collo che pulsano, grosse come cordoni.
Di fianco sua moglie, grassottella e piccolina, il viso mansueto, abbassa gli occhi e si sposta.

Alle volte reagisco alla prepotenza altrui arrabbiandomi e facendomi valere; alle volte invece, mi sento un po' come allo zoo: mi chiedo cosa passi per la mente di un uomo che si adira in modo assurdo e diventa tanto sgradevole rischiando un ictus o un insulto (o tutti e due) e mi scatta la voglia di comportarmi in modo sfacciatamente educato, perché divento curiosa e voglio vedere dove porterà tanta cafonaggine.
Oggi è uno dei giorni in cui ho voglia di visitare uno zoo, così sorrido e, con uno occhiata lunga di compatimento mormoro :"Guardi, non ho proprio capito il senso di quanto lei ha appena gridato, ma non mi pare valga la pena di litigare. Desidera passare avanti? Prego, passi: le cedo il mio posto".
Spero tanto che si senta un verme, ma lui si gonfia tutto, sempre rosso in viso e non sembra nemmeno imbarazzato.
"Signorina!" chiede all'addetta informazioni, "Devo prendere un Rokka", ma non lo trovo. Ho bisogno il numero p-r-e-c-i-s-o dello scaffale!". "Mi scusi: come ha detto che si chiama, quello che cerca?" "R - O- K - K - A, signorina! Rokka!" e sbuffa, agitando un foglietto. "Se non lo sa lei che lavora qui!" aggiunge, "Me lo sono anche annotato! Devo farglielo leggere?". La ragazza sospira impercettibilmente e, con fare pacato, spiega:"Vede signore, il computer mi dice che non esiste un articolo con quel nome. Mi faccia vedere com'è scritto". Prende il foglietto dalle mani del gentiluomo che brontola: "Se sa leggere adesso vedrà che c'è! A me importa dove!" "Non mi risulta in catalogo, neppure se lo digito con la "c" al posto della "k"... ma dica: cos'è l'oggetto che cerca, può provare a spiegarmelo?" suggerisce la ragazza. "Cos'è, cos'è... è un coso lì..." sbotta il gentleman, e gesticola menando fendenti nell'aria con la sua spada invisibile. Sto a debita distanza. "Un coso... lì, un aggeggio per metterci la roba!".
La faccenda si fa interessante. "La roba... quale?" domanda la commessa e io penso che forse trattasi della nota polverina stupefacente, il cui uso giustificherebbe le vene gonfie e il delizioso comportamento dello sconosciuto urlante.
Ma lui riprende più o meno così: "Oh, al è quel robb dove si mettono i vestiti!!" "Un appendiabiti?" azzarda la ragazza, e l'uomo, come se la faccenda fosse ovvia per chiunque: "Eh, già! L'è da un'ora che glielo dico!" "Bene, signore, guardi, le scrivo il numero dello scaffale in cui teniamo quello che le interessa. Guardi che l'articolo si chiama Rigga, glielo annoto: se lo cerca come Rokka, non riuscirà a trovarlo...".
L'uomo si scusa? Palesa un evidente imbarazzo? Niente, affatto! Sbuffa come una vecchia locomotiva di un film western,poi conclude: "Ah, finalmente! L'era ora! Guarda quanto tempo mi avete fatto perdere!", gira sui tacchi e se ne va con moglie-cagnolino al seguito.

Spero tanto che, aprendo l'imballaggio, perda una vitina piccina picciò, indispensabile per montare il suo Rigga. Spero che non se ne accorga. Spero che nel cuore della notte il Rigga schianti a terra facendogli venire un leggero coccolone. Spero che il leggero coccolone lo rincitrullisca un po', giusto un po', quel tanto che basta per renderlo un animale più mansueto, così che l'esistenza di sua moglie e delle commesse che lo troveranno in futuro sulla propria strada, migliori...

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