
Giorni difficili.
Faccio molta fatica a tornare da papà, quando mi capita di non riuscire ad andare a trovarlo per una manciata di giorni di seguito.
Vengo pervasa da un'angoscia sottile, fatta di sensi di colpa e malinconia.
Forse la mia è solo consapevolezza della vita che passa crudele, cancellando memoria dalla mente di mio padre, sfumando visi e ricordi, annullando emozioni, facendo del tempo una variabile inutile, impazzita.
Forse quello che provo è solo un insieme di rabbia e dolore, perché il papà che conoscevo non lo potrò più incontrare, perché è sparito chissà dove, e mi manca.
Per tornare da lui. mi devo imporre di farlo, e questo mi fa male, mi fa sentire ingiusta.
Quando ritorno però, e scorgo i suoi grandi occhi azzurri, il suo sguardo un po' perso, simile a quello ceruleo di certi bebé, incapaci di fissare la propria attenzione troppo a lungo su qualcuno o qualcosa, perennemente stupiti, mi basta un sorriso per ritrovarlo, per riscoprire, forte, l'affetto che ci lega e per provare un'immensa tenerezza.
In un istante allora, rimpiango i giorni sprecati, e torno a essergli figlia.
La sua demenza cerebrovascolare mi insegna ogni volta qualcosa. Oggi gli ho letto qualche verso di Dante. A lui sono venute le lacrime agli occhi. Ha mormorato "Che grande! Che grande uomo! E'... troppo bello...". Ecco: la bellezza non l'ha dimenticata, e la ritrova negli scritti amati, nelle musiche preferite, ma anche nelle ragazze che lo assistono. Chiama "Occhi belli" una, "Bellissima" un'altra; dice "Sei meravigliosa" a una, "Sei così graziosa" a un'altra e ammira l'armonia che esprimono quelle giovani donne, e ne ricava serenità. E' caduto fuori dal tempo e non si ricorda mai quanti anni ha. "Non è poi un argomento così interessante", osserva sorridendo, se si parla di età. Chissà, forse, non ha poi così torto.
Faccio molta fatica a tornare da papà, quando mi capita di non riuscire ad andare a trovarlo per una manciata di giorni di seguito.
Vengo pervasa da un'angoscia sottile, fatta di sensi di colpa e malinconia.
Forse la mia è solo consapevolezza della vita che passa crudele, cancellando memoria dalla mente di mio padre, sfumando visi e ricordi, annullando emozioni, facendo del tempo una variabile inutile, impazzita.
Forse quello che provo è solo un insieme di rabbia e dolore, perché il papà che conoscevo non lo potrò più incontrare, perché è sparito chissà dove, e mi manca.
Per tornare da lui. mi devo imporre di farlo, e questo mi fa male, mi fa sentire ingiusta.
Quando ritorno però, e scorgo i suoi grandi occhi azzurri, il suo sguardo un po' perso, simile a quello ceruleo di certi bebé, incapaci di fissare la propria attenzione troppo a lungo su qualcuno o qualcosa, perennemente stupiti, mi basta un sorriso per ritrovarlo, per riscoprire, forte, l'affetto che ci lega e per provare un'immensa tenerezza.
In un istante allora, rimpiango i giorni sprecati, e torno a essergli figlia.
La sua demenza cerebrovascolare mi insegna ogni volta qualcosa. Oggi gli ho letto qualche verso di Dante. A lui sono venute le lacrime agli occhi. Ha mormorato "Che grande! Che grande uomo! E'... troppo bello...". Ecco: la bellezza non l'ha dimenticata, e la ritrova negli scritti amati, nelle musiche preferite, ma anche nelle ragazze che lo assistono. Chiama "Occhi belli" una, "Bellissima" un'altra; dice "Sei meravigliosa" a una, "Sei così graziosa" a un'altra e ammira l'armonia che esprimono quelle giovani donne, e ne ricava serenità. E' caduto fuori dal tempo e non si ricorda mai quanti anni ha. "Non è poi un argomento così interessante", osserva sorridendo, se si parla di età. Chissà, forse, non ha poi così torto.
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